martedì 27 gennaio 2009

A volte ritornano...

Ci risiamo. Dopo il tentativo di 3 anni fa che con il ddl 2244 puntava a dare la qualifica di militari belligeranti alle formazioni repubblichine, adesso arriva una proposta di legge, la n. 1360, di iniziativa del parlamentare Luigi Barani - proveniente dal Psi e ora nella Pdl, già distintosi per avere inaugurato nel suo Comune una lapide in ricordo di Benito Mussolini
Un tentativo, dunque, di sovvertire le radici della Repubblica ancora più insidioso e sfacciato perché appunto non si limita solo a equiparare in modo inaccettabile i partigiani e i militari del Regno d’Italia, con i combattenti delle formazioni della Repubblica Sociale, ma addirittura si propone di dar loro una onorificenza, quella del nuovo Ordine del Tricolore, e un vitalizio di 200 euro l’anno.
Più ancora del testo di legge ciò che lascia sconcertati è la relazione che lo accompagna, in cui si afferma esplicitamente di voler dare un riconoscimento a “tutti coloro che, oltre sessanta anni fa, impugnarono le armi e operarono una scelta di schieramento convinti della «bontà» della loro lotta per la rinascita della Patria” e di voler “riconoscere, con animo oramai pacificato, la pari dignità di una partecipazione al conflitto avvenuta in uno dei momenti più drammatici e difficili da interpretare della storia d’Italia”.
Non si tratta, come pure si scrive nella relazione alla proposta di legge, di “rimarginare le ferite di un passato tragico e cruento nell’interesse dell’intera collettività” e di costruire “una cultura di pace e di pacificazione”, quanto di assolvere e parificare ragioni e torti, democrazia e dittatura.
Il tutto creando anche una mostruosità giuridica perché se questa legge passasse significherebbe che in Italia tra il 1943 e il 1945 c’erano due Stati ugualmente legittimi e rappresentativi, quando ripetutamente non solo la Storia ma anche la giurisprudenza - attraverso le sentenze della Suprema Corte di Cassazione - ha affermato che “dopo l’8 settembre 1943 lo stato italiano è rimasto quello che era, secondo lo Statuto, e non ha cessato mai di esistere nei suoi organi legittimi. La pseudo Repubblica Sociale Italiana, la cui autoproclamazione va definita un atto di arbitrio dei suoi dirigenti, non fui mai uno stato vero e proprio, sia perché mancò il libero consenso popolare alla sua costituzione, sia perché fu combattuta dallo stato legittimo attraverso la guerra dichiarata al tedesco del quale essa era strumento. Non essendosi perciò la nazione divisa in due stati né avendo lo stato legittimo sciolto mai i cittadini dal vincolo di sudditanza quelli fra essi che si posero contro la nazione prestandosi a favorire il tedesco invasore non potevano non essere ritenuti traditori quali collaborazionisti del nemico” (Corte di Cassazione 16 luglio 1945).
Una manovra pericolosa perché mina alla radice la Repubblica e l’identità dell’Italia e degli Italiani, fondandola non sulla verità storica, ma su un vago “indistinto” dove la responsabilità singola e collettiva perde di senso e dove tutte le scelte sono uguali.